ATER. Nuove richieste di rimborso IMU

Negli ultimi mesi diverse aziende territoriali per l’edilizia residenziale hanno presentato ai comuni istanza di rimborso dell’IMU versata in eccesso per l’anno 2012 adducendo tre ragioni: il diritto alla restituzione della quota Stato in quanto, come da indicazioni legislative, non è dovuta; il rimborso per  il conteggio errato della detrazione; la restituzione della quota Comune versata in eccesso rispetto all’aliquota prevista per l’abitazione principale.

Il tema è complesso e ci riporta alle numerose vicende normative dell’articolo 13 del DL 201/2011 e che hanno riguardato anche l’edilizia residenziale pubblica, trattata nel comma 10, con rinvio alla fattispecie indicata nella disciplina ICI all’articolo 8 comma 4 d lgs 504/92 4. Le  disposizioni  di  cui  al  presente  articolo si applicano anche alle  unità immobiliari,   appartenenti  alle  cooperative  edilizie  a  proprietà  indivisa, adibite  ad  abitazione  principale  dei  soci  assegnatari, nonché  agli alloggi  regolarmente  assegnati  dagli  Istituti  autonomi  per  le case  popolari.

Il primo dubbio che emerse con la pubblicazione del decreto si riferiva all’aliquota da applicare per il calcolo dell’IMU sugli immobili ATER assegnati. L’azienda territoriale affermava, come continua ad affermare, che l’aliquota è quella agevolata prevista per l’abitazione principale; i comuni sostengono invece che essendo la proprietà di un soggetto diverso da chi ci abita, non si applica l’agevolazione per l’abitazione principale ma unicamente la detrazione, come espressamente prevede il comma 10.

Con l’approvazione del dl 16/2012, il legislatore chiarisce che, per tali fattispecie, non si applica la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11 a favore dello Stato. Si tratta di un passaggio importante soprattutto per i Comuni che, in tal modo, si vedono destinatari dell’intera aliquota ordinaria, senza condivisione di gettito a favore dello Stato. Tuttavia il mondo ATER non è convinto di questa soluzione, ritenendo invece che la mancata applicazione della quota Stato sia un beneficio scritto a favore della medesima, con la conseguenza che sono da rimborsare le somme eventualmente versate a favore dello Stato e contraddistinte dal codice 3919.

Alla luce di quanto sopra delineato, gli ATER tornano alla carica con una richiesta di rimborso finalizzata ad ottenere l’applicazione dell’aliquota agevolata prevista per l’abitazione principale nonché la restituzione di quanto versato col codice 3919.

La questione è stata trattata qualche anno fa dal Tar veneto in tre sentenze, la n. 35, 36 e 37 del 16 gennaio 2014. Le conclusioni riprendono il pensiero ministeriale costituitosi in giudizio a supporto delle argomentazioni dei comuni. Il Tribunale amministrativo, ricalcando il TAR Abruzzo 434/2013, ha stabilito che «dalla lettura sistematica delle norme in questione emerge che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello stato alla propria quota Imu, ha inteso destinare al Comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76 per mille allo 0,38 l’aliquota base applicabile agli immobili in questione». Il Comune poteva anche stabilire una riduzione di aliquota sulla base delle proprie esigenze di bilancio ma non era obbligato a farlo. Il Tar ha quindi disatteso completamente la teoria degli Ater sull’intento del legislatore di dare un beneficio ai medesimi per effetto della disapplicazione della quota Stato.

Dall’analisi riportata emerge che il Comune competente a trattare l’istanza in quanto gestore della fase di rimborso anche per la quota Stato, deve procedere al calcolo di quanto dovuto applicando l’aliquota ordinaria (ovvero quella ridotta qualora l’avesse prevista per Ater e simili) e la detrazione prevista per abitazione principale (solo per gli immobili assegnati e non quelli sfitti). Va infatti ricordato che il principio guida dei versamenti F24 (come emerso dal dm del 24 febbraio 2016) prevede di considerare tutti i versamenti utili ai fini della copertura di quanto dovuto, anche qualora i codici siano errati. Ne consegue che i comuni dovranno poi procedere mediante il portale del federalismo con il recupero a favore del comune degli importi versati col codice 3919. Va ricordato che il riscontro da dare all’istanza va puntualmente argomentato, con l’indicazione puntuale della liquidazione eseguita e delle regole applicate, trattandosi di provvedimento impugnabile in commissione tributaria, e soggetto anche all’istituto del reclamo/mediazione.

 

Informazioni su Cristina Carpenedo 193 Articoli
Direzione scientifica di SMART 24 TRIBUTI LOCALI del SOLE 24 ORE Presidente e amministratrice di Oesis s.r.l. Formatrice in materia di accertamento e riscossione di entrate locali, iscritta all’albo formatori IFEL (Istituto finanza enti locali) Formatrice per ANCI Emilia Romagna, ANCI Veneto e IFEL Autrice di pubblicazioni in materia di riscossione e tributi locali Funzionario responsabile per la riscossione pubblica con abilitazione di legge

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