Il nucleo familiare per l’abitazione principale ai fini IMU

Il rebus del nucleo familiare ai fini del riconoscimento dei benefici fiscali sull’abitazione principale, sia ai fini ICI sia ai fini IMU e TASI, si trascina da anni, quando già il d lgs 504/92, all’articolo 8, stabiliva Per abitazione  principale  si  intende  quella nella  quale il  contribuente,  che  la  possiede a titolo di proprietà, usufrutto o  altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente.

L’ICI di per sé non contemplava il requisito di forma della residenza anagrafica ritenuto, ai sensi del medesimo articolo 8, una presunzione relativa della dimora abituale nell’unità immobiliare, fino a prova contraria, non solo del contribuente ma anche della sua famiglia.

Con l’entrata in vigore dell’IMU, il requisito formale della residenza descritto dal comma 2 dell’articolo 13 del dl 201/2011, diventa ufficialmente requisito di forma senza il quale non è possibile parlare di abitazione principale Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.

Il requisito non è di poco conto se si considera che non di rado i coniugi possono presentare residenza anagrafica in immobili diversi e godere ciascuno dell’esenzione per abitazione principale sulla propria unità immobiliare.

Il rebus da risolvere prende le mosse dalla definizione di nucleo familiare: cosa si intende per nucleo familiare del possessore? La norma non detta una definizione di nucleo, costringendo a un’interpretazione della situazione concreta caso per caso, per comprendere se, effettivamente, l’abitazione sia destinata al nucleo famigliare.

Salvo casi particolari, il nucleo familiare si identifica con la famiglia anagrafica nonchè con le norme di carattere fiscale. Per citare alcune regole: i coniugi fanno sempre parte dello stesso nucleo familiare, anche quando non risultano nello stesso stato di famiglia o hanno residenze diverse; pertanto, se marito e moglie si separano di fatto, il nucleo non si divide. I figli minori che convivono con uno dei due genitori fanno parte del nucleo del genitore con cui convivono, anche se risultano a carico del genitore con cui non convivono. Se il figlio maggiorenne non convive con i genitori ma è a loro carico ai fini Irpef, fa parte del nucleo familiare dei genitori.

A complicare il quadro le sentenze contrastanti dei giudici di merito che, in alcuni casi, prestano il fianco alle deroghe sul requisito del nucleo familiare, fondate su non ben precisate condizioni lavorative in grado di giustificare l’assenza del coniuge ovvero sull’esistenza di documentabili fratture del rapporto coniugale.

Ad esempio, la C.T.R. Toscana ha assunto due orientamenti opposti. Nel 2017 (sent. 1442/2017) ha ribadito la necessità dell’unitarietà del nucleo familiare; mentre con la sentenza 24.07.2018, n. 1493, ha affermato (seppure in tema di Ici) che è sufficiente il certificato di residenza di un coniuge non separato per beneficiare dell’esenzione dall’imposta, anche se l’immobile è occupato da un solo membro del nucleo familiare.

La Corte di Cassazione sulla normativa in materia di ICI continua a confermare la posizione di rigore nel pretendere la presenza del nucleo familiare.  In tal senso si è espressa chiaramente la Cassazione con l’ordinanza 303 del 9 gennaio 2018: la Corte afferma l’esistenza di un principio superiore secondo cui qualora il contribuente intenda avvalersi della detrazione per l’abitazione principale, deve provare che la stessa costituisce dimora abituale non solo sua ma anche dei suoi familiari, non essendo sufficiente che vi dimori solamente uno dei due coniugi.

Con ordinanza 12050/2018 la Cassazione statuisce che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b), della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dall’1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. Un’abitazione può essere ritenuta principale soltanto se nella stessa dimorano sia il contribuente che i suoi familiari, con la conseguenza che per il sorgere del diritto alla detrazione non è sufficiente che il contribuente dimori abitualmente nell’unità immobiliare se il coniuge, non separato legalmente, dimora altrove.

Sempre la Corte di Cassazione, con la sentenza 20368/2018, in merito al nucleo famigliare, si pronuncia ai fini IMU statuendo che la norma esige residenza e dimora non solo del possessore ma anche del nucleo familiare.

Di recente, sempre la Cassazione, con sentenza 5314/2019 ha ribaltato la decisione di secondo grado: l’agevolazione può essere riconosciuta solo se l’unità immobiliare costituisca dimora abituale anche dei familiari del contribuente non potendosi riconoscere il beneficio qualora il requisito sia solo di quest’ultimo. Nel caso di specie, il coniuge non legalmente separato, aveva residenza e dimora in altro comune e aveva beneficiato della medesima agevolazione nel comune di residenza.

Va segnalata l’interpretazione di favore, proposta dai ricorrenti, fondata su alcuni passaggi contenuti nella circolare 3/DF/2012, secondo cui la limitazione del riconoscimento del beneficio dell’abitazione principale ad un solo immobile si applicherebbe solo quando le due abitazioni si trovino nello stesso comune e non opererebbe nel caso in cui le abitazioni fossero in comuni diversi.

In realtà non si ravvede nella norma questo intento, ma esattamente l’opposto: in linea di principio si ha abitazione principale quando l’intero nucleo familiare risiede nella medesima unità.

Dal 2012 ad oggi, il livello di imposizione sull’abitazione principale è stato caratterizzato da dinamiche rilevanti che hanno cercato di attenuare e perequare il carico dell’imposta

►A partire dal 2012, dopo anni di azzeramento del tributo ICI, si assiste al ritorno dell’imposizione con la nuova IMU, che prevedeva un’aliquota base dello 0,4 per cento applicata su un moltiplicatore che da 100 passa a 160,  con facoltà di modifica in aumento o diminuzione di due punti percentuali e il riconoscimento della detrazione di 200 euro (comma 10 dell’articolo 13).

► Nel 2013 il dl 54/2013 e il successivo dl 133/2013 decretarono la sospensione del versamento del tributo e il successivo azzeramento con forme di compensazione a favore dei comuni, privati del gettito d’imposta.

► A consolidamento della scelta normativa del 2013, interviene il nuovo comma 2 dell’articolo 13 riscritto dal comma 707 dell’articolo 1 della legge 147/2013 disponendo, con decorrenza 1 gennaio 2014, che l’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A1 A8 A9, per le quali continuano ad applicarsi la relativa aliquota e detrazione. Il 2014 fu l’anno dell’imposta unica comunale disciplinata dalla legge 147/2013 con l’istituzione della TASI sul parco immobiliare costituito dall’abitazione principale, dai fabbricati e dalle aree edificabili. La TASI, fortemente intrecciata all’IMU, rinvia alla medesima base imponibile e alla stessa definizione di abitazione principale definita dal comma 2 dell’articolo 13

►Lo scenario definito del 2016, e confermato per il 2017, 2018 e 2019 è di azzeramento dell’imposizione sull’abitazione principale mediante un intervento che avviene sul comma 669 che viene così riscritto:

  1. Il presupposto impositivo della TASI è il  possesso  o  la detenzione,  a  qualsiasi   titolo,   di   fabbricati e di aree fabbricabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale,  come definita ai fini dell’imposta municipale propria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 escluse quelle classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

L’abitazione principale, nel nucleo essenziale declinato nel comma 2 dell’articolo 13, viene così esclusa anche dalla Tasi, oltre che dall’IMU, ad eccezione delle categorie catastali di lusso per le quali continua a trovare applicazione IMU e TASI.

La complessità della materia consiglia la definizione di una serie di indicatori in presenza dei quali avviare i controlli mediante un preavviso al contraddittorio finalizzato a raccogliere gli elementi per il recupero dell’imposta mediante avviso di accertamento adeguatamente motivato.

 

Informazioni su Cristina Carpenedo 193 Articoli
Direzione scientifica di SMART 24 TRIBUTI LOCALI del SOLE 24 ORE Presidente e amministratrice di Oesis s.r.l. Formatrice in materia di accertamento e riscossione di entrate locali, iscritta all’albo formatori IFEL (Istituto finanza enti locali) Formatrice per ANCI Emilia Romagna, ANCI Veneto e IFEL Autrice di pubblicazioni in materia di riscossione e tributi locali Funzionario responsabile per la riscossione pubblica con abilitazione di legge

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