Il caos gonfiato delle quote variabili TARI. La Circolare del Mef

Senza precedenti la cassa di risonanza generata dall’interrogazione parlamentare sull’applicazione della quota variabile Tari. Stampa quotidiana e televisiva hanno messo in primo piano la risposta all’interrogazione interpretandola come una verità assoluta senza diritto di difesa. Il 20 novembre 2017 il Mef pubblica la circolare contenente la soluzione che altro non fa che confermare una conclusione fin troppo semplicistica: la regola generale di applicazione della tariffa variabile prevede una quota per utenza, quest’ultima composta di abitazione e pertinenze.

http://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/Varie/Circolare-n.-1-DF-del-2017-Chiarimenti-su-TARI-parte-variabile-pertinenze.pdf

Rimettere al centro la questione significa partire dalle norme che dettano le regole per il calcolo della quota variabile. Il riferimento in tal senso è al DPR 158/99, l’unico grande sopravvissuto del sistema Ronchi, confermato anche dalle norme di istituzione dei prelievi successivi (Tares e Tari) che per questo rappresenta una costante nel prelievo degli ultimi cinque anni.

La formula di calcolo delle tariffe prevede di quantificare la quota variabile del servizio dovuta dalle utenze domestiche sulla base dei componenti del nucleo familiare. Ogni nucleo familiare paga la quota variabile articolata per componenti da 1 a 6 (o più). Il valore della quota variabile è frutto di un calcolo che considera tutte le quote disponibili  rispetto ai costi da sostenere. Secondo le indicazioni ministeriali, formalizzate in un  documento di prassi, ad ogni utenza va applicata una quota variabile. L’utenza è composta dall’abitazione e dalle sue pertinenze, quindi può coinvolgere più locali, ma la quota variabile rimane unica. Ora, secondo quanto emerge dalla stampa, diversi comuni avrebbero applicato più quote variabili per una stessa utenza così prestando il fianco a richieste di rimborso. Cosa c’è di vero?

Il primo assunto da cui partire è che ogni comune fa storia a sé. Nel mondo dei tributi locali, e soprattutto della Tassa rifiuti, non ci sono sistemi univoci di calcolo, né tanto meno calcolatori universali che portino al medesimo risultato. La presenza o meno di un errore va ricercata nell’analisi della delibera di approvazione delle tariffe. Se la determinazione della  quote variabili è stata fatta redistribuendo i costi variabili tra tutte le quote disponibili applicate sia sulle abitazioni che sui garage, non si può gridare allo scandalo della duplicazione, bensì si è in presenza di un criterio che ha come risultato finale una quota unitaria più bassa, in quanto si ripete più volte rispetto al diverso metodo che applica una quota unica. Una sorta di redistribuzione che favorisce le utenze prive di pertinenze ma che non raccoglie somme aggiuntive rispetto al totale dei costi indicati dal Pef.

Altra questione, ed è questa l’ipotesi del vero errore di duplicazione, è se la delibera tariffaria determina la quota variabile per una sola utenza ma il sistema gestionale, in sede di calcolo delle bollette, duplica la quota variabile ribaltandola su tutte le pertinenze presenti. In tal caso l’incasso derivante dalle tariffe variabili è sicuramente in grado di superare il piano dei costi per una erronea applicazione in sede di bollettazione e quindi da restituire al cittadino.

Tutto il resto è questione ascrivibile al criterio di riparto con formule diverse da comune a comune, spesso rientranti nella discrezionalità tecnica,   la cui correttezza e legittimità si espone al giudizio di valutazione del Tar e non certo alla prassi ministeriale. Come spiegare il caos a tutti i cittadini che si presentano allo sportello non è facile, ma passa indubbiamente da una ricognizione che ciascuna amministrazione deve fare sui propri atti per condividere il risultato con la platea degli utenti.

Quanto approvato nelle delibere regolamentari e tariffarie resta sacrosanto fino a giudizio definitivo che può essere espresso solo da un organo giudicante competente in tal senso. Le restituzioni di quote sono da circoscrivere solo ai casi di errore quando avvenuto nella generazione della bollettazione che abbia portato a un incasso maggiore rispetto alla previsione iniziale.  Pensare addirittura di ricalcolare le quote degli ultimi anni significa non solo intervenire sugli atti definitivi senza un giudizio ufficiale sull’atto amministrativo (definitivo ai sensi di legge), ma anche effettuare le operazioni di recupero verso chi ha pagato una quota più bassa rispetto a quella ricalcolata e restituire quelle in eccesso. Un’operazione che non porterebbe a nessun incasso aggiuntivo rispetto alla previsione iniziale ma solo una redistribuzione di costi per un presunto errore iniziale di riparto.

Il chiarimento ministeriale cerca di limitare i danni alla Tari con decorrenza 2014, escludendo la Tariffa puntuale, una conclusione a senso unico che non trova logica dato che diverse tariffe puntuali applicano la quota variabile del 158/99, anche solo in parte. Nessuna parola spesa sulla salvaguardia della copertura integrale dei costi del servizio e la mancanza di gettito derivante dall’eventuale ricalcolo delle tariffe.

Informazioni su Cristina Carpenedo 193 Articoli
Direzione scientifica di SMART 24 TRIBUTI LOCALI del SOLE 24 ORE Presidente e amministratrice di Oesis s.r.l. Formatrice in materia di accertamento e riscossione di entrate locali, iscritta all’albo formatori IFEL (Istituto finanza enti locali) Formatrice per ANCI Emilia Romagna, ANCI Veneto e IFEL Autrice di pubblicazioni in materia di riscossione e tributi locali Funzionario responsabile per la riscossione pubblica con abilitazione di legge

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