Il decreto sulla Tarip salva la suscettibilità a produrre rifiuti dei locali

Pubblicato, nella GU del 22 maggio 2017, il Decreto 20 aprile 2017 emanato dal Ministero dell’Ambiente e contenente “Criteri per la realizzazione  da  parte  dei  comuni  di  sistemi  di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di  gestione  caratterizzati  dall’utilizzo  di correttivi  ai  criteri  di  ripartizione  del  costo  del  servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati”. Il testo è quello approvato dalla conferenza Stato-città e autonomie locali nella seduta del 2 marzo 2017, in attuazione di quanto previsto dai commi 667 e 668 dell’articolo 1 della legge 147/2013, inseriti nella legge di disciplina della Tari che permette, in alternativa, di adottare una tariffa corrispettiva basata sulla misurazione, cosiddetta puntuale, dei rifiuti urbani e assimilati, conferiti al pubblico servizio. “668. I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI. Il comune nella commisurazione della tariffa può tenere conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. La tariffa corrispettiva è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

A ben vedere il decreto dà un taglio giuridico notevole all’inquadramento della nuova tariffa che, se per espressa indicazione del legislatore, non è tributaria, presenta comunque degli aspetti autoritativi che permettono di inquadrarla tra le entrate patrimoniali di diritto pubblico. Un segnale forte in tal senso si legge all’articolo 2, comma 1, lettera c) recante la definizione di utenza intesa come unità immobiliari, locali o aree scoperte operative, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e/o assimilati e riferibili, a qualsiasi titolo, ad una persona fisica o giuridica ovvero ad un “utente”. La suscettibilità dei locali esprime l’idoneità del locale ad usufruire del servizio, indipendentemente dall’uso effettivo. La norma ricalca, nella sostanza, il presupposto della Tari ed evidenzia, nel successivo articolo 5, il vincolo di solidarietà tra occupanti della medesima utenza. La definizione di utenza si poggia sull’unità immobiliare prima che sul soggetto, a comprova che è sempre il patrimonio immobiliare protagonista del servizio sviluppato sul territorio. Ciò non significa concludere che la tariffa presenti natura tributaria bensì che il prelievo è connotato da elementi autoritativi, che pongono il comune in una posizione dominante rispetto all’utente del servizio, a discapito di una logica contrattuale che rimane, tuttavia, corrispettiva nella redistribuzione del carico tariffario tra gli utenti del servizio. E’ la situazione tipica dell’entrata patrimoniale di diritto pubblico. L’obiettivo va conseguito misurando, in forma diretta o indiretta (sistema volumetrico), almeno il secco residuo anche se l’eccezione scritta nell’articolo dedicato alle utenze aggregate, permette di ricorrere ai coefficienti del DPR 158/99 scritti per la parte variabile delle utenze domestiche, per le porzioni del territorio in cui, per ragioni tecniche o di dispersione territoriale o di sostenibilità economica, non sia possibile implementare sistemi di misurazione puntuale. Il decreto si occupa solamente di quota variabile. La parte fissa, essenziale per garantire il finanziamento del servizio, non può che essere basata sui criteri del 158/99, richiamati, pur in via facoltativa, dal sopra citato comma 668 e del tutto coerenti con la matrice pubblica (e non esclusivamente privata) dell’entrata ben lontana, in tal senso, dal servizio idrico. Resta come perno del sistema il Piano Economico e Finanziario con le voci di costo descritte, come ha valorizzato la recente giurisprudenza amministrativa (Tar legge 352/2017; Tar Latina 1/2017). Dal punto di vista tecnico, il decreto è carente di formule preconfezionate, sulle quali invece avrebbe dovuto spendersi, per evitare il proliferare di metodologie di calcolo fantasiose che possono rischiare di mettere in secondo piano la misurazione del secco residuo.

Per i comuni in tariffa non rispettosi dei requisiti dettati dal decreto, il termine ultimo di adeguamento è fissato al 6 giugno 2019, adempimento che implica l’esercizio della potestà regolamentare comunale, ad oggi esaurita sul 2017 al 31 marzo e possibile dal 2018.

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Informazioni su Cristina Carpenedo 193 Articoli
Direzione scientifica di SMART 24 TRIBUTI LOCALI del SOLE 24 ORE Presidente e amministratrice di Oesis s.r.l. Formatrice in materia di accertamento e riscossione di entrate locali, iscritta all’albo formatori IFEL (Istituto finanza enti locali) Formatrice per ANCI Emilia Romagna, ANCI Veneto e IFEL Autrice di pubblicazioni in materia di riscossione e tributi locali Funzionario responsabile per la riscossione pubblica con abilitazione di legge

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